Obbligati a unirsi
Ora che le primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco di Venezia sono terminate, vinti e vincitori da una parte e sfidanti dall’altra hanno un’unica possibilità per il 31 maggio: unirsi. Vale per il centrosinistra, vale per il centrodestra.
I dati sono noti: Felice Casson ha stravinto le primarie non tanto e non solo per aver preso il 55,6% dei consensi, ma anche e soprattutto perché gli altri due concorrenti si sono praticamente equiparati: Nicola Pellicani si è fermato clamorosamente al 24,4%, Jacopo Molina ha sfiorato un incredibile 20%. Fosse stato un risultato di quasi parità tra il magistrato/senatore e il giornalista, sarebbe stata un’altra storia. Ma l’esito uscito dalle urne dove si sono recati a votare 13mila cittadini è impressionante per la sua chiarezza: i veneziani hanno preferito premiare Casson e pure il giovane avvocato Molina piuttosto che il candidato suggerito, quasi imposto e forse esageratamente sostenuto da Massimo Cacciari e dal cosiddetto apparato del Pd. Che poi l’apparato del partito abbia portato pochi voti, è un altro tema: la "ditta" a Venezia è "fallita" o i big non hanno gradito di essere stati presi a pesci in faccia dal giornalista candidato e si sono limitati al minimo?
Comunque sia andata, il centrosinistra se vuole riprendersi Venezia adesso deve riunirsi. E la "profezia" di Cacciari (se vince Casson perdiamo Venezia) può avverarsi solo se compariranno nuovi e organizzati "disgiunti" pronti a votare l’avversario. Sempre che sia "un" avversario. Perché anche il centrodestra, se vuole davvero giocarsi la partita dopo aver fatto per troppi anni la comparsa, deve dimostrare di saper rinunciare alle pur legittime aspirazioni dei singoli partiti e mettere in campo un candidato unico.